Ultimo Ricordo
di Onelio Banaio

Mi chiamo Garth e sono un lanciere.
Sono un lanciere tra i tanti che compongono la spina dorsale dell'esercito di sua Maestà Innocentissima, titolo discutibile per chi, come me, lotta nel fango della prima linea.
Noi reggiamo l'urto del nemico, noi sbaragliamo le cariche della cavalleria, noi attutiamo con le armi e con i corpi qualsiasi cosa abbia un nome pronunciabile, o meno, e che ci corra incontro.
Così ci dicono, così facciamo: per la gloria ed il piacere dei nostri condottieri, senza dimenticare la libertà del Regno!
Personalmente non ho ancora trovato alcuna differenza tra il nemici e gli amici nel guardarli stesi a terra, piccole colline di carne sanguinolenta e calpestata, aggrovigliati l'uno all'altro con le ossa spezzate e gli occhi sbarrati, opachi per la polvere.
Nei tempi Antichi i Re combattevano con i loro uomini, vincevano o perivano con loro, oggi sembra passato di moda.
Pensieri di un altro tempo e un'altra epoca; ora il corno tuona la carica dei barbari del Nord.
Le urla di guerra e il tumulto delle armi sbattute contro gli scudi sono un fragore assordante che minaccia di far esplodere il corpo di un uomo.
Anche spostando la testa a destra e sinistra non riesco a scorgere la fine della linea di battaglia e ogni bagliore, ogni riverbero del sole, sul freddo ferro delle armi sembra portare il mio nome e una promessa di morte.
Il terreno trema, anche se più probabilmente sono le gambe. La paura preme alle porte del cuore, ma come sempre avviene il primo sangue la tramuta in furia selvaggia e voglia di imporre la propria vita a prezzo della morte altrui.
Cento passi ancora e quel mare in tempesta ululante e schiumante rabbia e ferocia ci investirà.
Non riesco a sorridere quando l'aria si raddensa. Il sole sembra decuplicare la sua potenza, tutto quello che ho davanti sfuma per un attimo come in una stupenda giornata afosa di mezz'estate.
Le prime file del nemico crollano a terra trafitte da frecce e lance invisibili. E' questo il potere dei maghi e dei genieri di corte. Genio e conoscenza usata ormai più per distruggere e divorare che per creare e edificare.
Cozzano gli scudi, si compattano le file. La falange freme, ondeggia, sembra dover essere inghiottita da un momento all'altro da quel mare inarrestabile dipinto di blu e di verde, poi a fatica e lentamente ne riemerge.
Non si respira, non si combatte, non c'è spazio. Si alza solo la polvere artigliando il terreno nel disperato tentativo di restare in piedi.
Sacri Dei!
Quando la cavalleria, con una manovra a tenaglia, riesce a tagliare la retroguardia del nemico questo va in rotta e la vera carneficina ha inizio.
Ed ora anche io sono lì, a testimoniare la grandezza dei nostri generali.
Cercami dove sorge il Pilastro di Grave Dun.
Cercami dove sventola un fazzoletto bianco, legato ad una lancia in una foresta di lance, quello che porta il nome del vero motivo per cui ho servito: Charlotte.

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